Tre progetti che, con modalità e personalità diverse, hanno intrecciato una suggestiva riflessione su razza, genere e ritualità. Alla Fondazione Prada di Milano, e con la curatela di Elvira Dyangani Ose.
di Simona Cella
Negli ultimi mesi la Fondazione Prada ha presentato a cura di Elvira Dyangani Ose, tre progetti che, pur con modalità stili e personalità diverse, hanno intrecciato una suggestiva riflessione su razza, genere e ritualità.
T.T.T. Template Temples of Tenacity di Nastio Mosquito ha proposto una sperimentazione di arte totale e partecipativa con l’ambizione di trasformare l’esperienza artistica in tempio contemporaneo di riflessione sulla semplice capacità di “esistere”.
Mosquito, nato a Luanda nel 1981 e con una formazione da regista e operatore video, si propone abitualmente come provocatorio showman al centro di progetti che combinando musica, video, installazione e performance riflettono sull’eredità culturale intesa come forma sincretica che fonde in sé passato, presente e futuro.
L’assenza della sua presenza fisica va intesa quindi come forte scelta stilistica che connota il progetto milanese.
WEorNOT (Nastiviciuos’Temple #01) installazione site specific, realizzata con l’artista Vic Perirò e l’illustratrice Ada Diez, ha trasformato il Podium in un luogo collettivo sulle cui grandi vetrate colorate in stile new gotico una Sacra Rappresentazione Pop si confrontava attraverso grandi illustrazioni caricaturali con miti, tragedie e violenze della contemporaneità globale.
Il pubblico era invitato ad usare la voce attraverso un microfono su un podio ed a giocare con le potenzialità trasformative del linguaggio scribacchiando un volume di proverbi e motti.
La performance I Make Love with You.You Make Love to Me. Let Love Have Sex With The Both of Us (Part 1- The Gregorian Gospel Vomit) concepita in collaborazione con il musicista Dijf Sanders, l’artista Chinala Moco e il coro The Golden Guys ha riempito di movimento e ritmo lo spazio esterno per poi riscaldare il Podium . Ispirata all’inno cristiano Jesus Loves Me (1860) è stata concepita per reagire all’apatia e all’alienazione e come tributo al senso di condivisione
Synchronicity Is My Bitch:The Cinematic Experience, proiettato nel cinema, ha invece presentato un montaggio di spezzoni cinematografici e televisivi con brani del suo ultimo album Gatuno, Emigrante & Pai de Famiglia. Un lavoro di assemblaggio che attinge all’ampio immaginario legato all’amore sviluppato da Mosquito che si definisce “a child of the Cold War” facendo riferimento alla propria infanzia vissuta durante la guerra civile angolana (1975-2002)
Amore, desiderio e affetto sono infatti i temi che hanno dato inizio alla progettazione di T.T.T. Template Temples of Tenacity. Temi che si intrecciano con quelli di razza e genere nella conversazione tra l’artista, la curatrice e Henriette Gunkel, riportata in una pubblicazione della Fondazione.
Razza e Genere sono temi fondanti anche per Betye Saar artista afroamericana, militante del Black Arts Movement, che si definisce “danzatrice incerta” da cui il titolo della retrospettiva Uneasy Dancer. L’interesse per il metafisico, le rappresentazioni della memoria femminile e dell’identità afroamericana sono al centro di una produzione fatta di assemblaggi e memorabilia personali che a partire dalla fine degli Anni Settanta hanno dato corpo artistico ad una forte critica sociale sfidante gli stereotipi razziali e sessisti insiti nella cultura americana.
L’esplorazione del misticismo rituale avviene con il recupero di storie e iconografie personali contenute in oggetti e immagini quotidiane, dai quali scaturisce un potente contenuto spirituale e tecnologico. Un vero e proprio flusso di coscienza globale, rinchiuso dentro scatole o valigie che si presentano come viaggi iniziatici, o nella serie delle gabbie rappresentanti condizione di segregazioni ma anche di resistenza e sopravvivenza.
Gli oggetti artistici di Saar assemblano in realtà culture e religioni per dar vita ad una “ spirale creativa dove i concetti di paesaggio, incontro, morte e rinascita si uniscono ai temi fondamentali di razza e genere.”
Gli oggetti con la loro carica di energia politica e rituale sono al centro di True Value che ha presentato una selezione di opere recenti di Theaster Gates (Chicago 1973) che da anni riflette su una pratica artistica in dialogo con riqualificazione urbana, questione sociale e Blackness.
Gates ha elaborato una pratica multidisciplinare che coniuga azioni di sviluppo urbano e coinvolgimento delle comunità locali, e che si colloca all’interno di un pensiero critico verso le politiche che determinano i rapporti tra le etnie e gli spazi .
Mentre i progetti internazionali riflettono sulla capacità dell’arte di rivitalizzare la tradizione, creando collegamenti tra le comunità e scambi di culture tra città, i lavori presentati alla Fondazione sono incentrati sulla sacralità degli oggetti che vengono immersi nell’estetica evocativa del rituale.
L’installazione principale propone la ricreazione un negozio di ferramenta abbandonato, celebrazione del lavoro manuale dove tra gli oggetti, non a caso trovano posto libri quali Divine Horsmern: the living gods of Haiti” dell’antropologa visuale Maya Deren.
Lo spazio della Cisterna presenta invece lavori che hanno riattivato il potere racchiuso in reliquiari, feticci e diverse tipologie di oggetti culturali .
Il pavimento di una palestra di una scuola abbandonata, una delle tante in seguito alla diffusione negli Usa di politiche neoliberali, recuperato e trasformato in opera d’arte, denuncia il fallimento del capitalismo celebrando con grande semplicità memoria collettiva e azione politica.
E l’invito ad esplorare entità commerciali e culturali sparse nella città vuole essere il primo itinerario per tracciare una nuova cartografia di una Milano trascurata.
pubblicato su Africa & Mediterraneo n.84